Universo Biker ; storie e leggende

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Pasquale63
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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Pasquale63 » 13/05/2020, 6:40

Grazie ancora Giovanni per regalarci queste belle storie, talmente interessanti, che mentre le leggo nella mia mente scorrono come un film beer beer

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ziomauri
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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da ziomauri » 13/05/2020, 7:18

Belle storie Giovanni , grazie ancora per condividerle con noi ! :D :D :D

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Leif
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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Leif » 13/05/2020, 13:26

Gioel ha scritto:
12/05/2020, 20:26
Queste storie sono così interessanti che si leggono tutto d'un fiato.
Grazie Giovanni

Concordo beer
grazie Gianni
sei un grande beer beer beer

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Giovanni
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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Giovanni » 13/05/2020, 21:56

Miei cari,
dopo aver dato uno sguardo ai Rocker ,finiamo il giro dei fenomeni giovanili d'epoca legati al motociclismo raccontando la storia dei c.d. " MODS "
C'è molta incertezza sul termine mod, forse abbreviativo di modernism (termine coniato inizialmente per definire i fan del "modern jazz"), con riferimento alla subcultura giovanile che si sviluppò a Londra, nel Regno Unito, nei tardi anni cinquanta e raggiunse il picco di popolarità nel decennio successivo, per poi scomparire alla fine degli anni '70.
Come nel caso dei Rocker, anche i Mod nascevano dalle classi proletarie inglesi, come prima forma di ribellismo alla corona UK ed alla mentalità benpensante e conservatrice del secondo dopoguerra.
Non a caso i Mods presero in prestito modelli e simboli quasi mai britannici (la lambretta italiana, il Parka americano e la musica Soul e Ska d'oltre oceano) se si eccettua il simbolo della Royal Air Force (l'aeronautica militare britannica), spesso presente sui loro ciclomotori e sui giacconi che indossavano.
Gli elementi più significativi di questo movimento giovanile mod sono:
il look curato ed innovativo, la musica afroamericana (in particolare il soul, lo ska), la musica beat, il Rhythm and Blues, gli scooter italiani (Vespa, ma molto più la Lambretta), spesso adornati con miriadi di luci e specchietti supplementari per richiamare l'attenzione ed illuminare la strada nelle loro scorribande notturne.
Il fenomeno crebbe in pochi anni ed a partire dalla seconda metà degli anni sessanta, i mass media ne decretarono anche un riconoscimento culturale, iniziando ad usare il termine "mod" in un senso più ampio, per descrivere tutto ciò che si credeva essere popolare, alla moda, o moderno secondo i gusti giovanili del momento (oggi diremmo, piu compiutamente, un " trend")
Ma torniamo ad interessarci delle ragioni storiche del movimento Mod
Questo nasce tra il 1958 e il 1962 nelle zone di Stepney e Shepherd's Bush a Londra, sulla spinta della ribellione giovanile che si manifestava nella società dell'epoca: proprio questo clima causò la rottura tra gli adolescenti ed i loro genitori per le vicendevoli incomprensioni socio-culturali dovute al fervore innovativo tipico di quegli anni.
Fin dalla prim'ora, il movimento, infatti, ha una spiccata predisposizione verso tutto ciò che è nuovo ed insolito (uno dei motti dei Mod era " moving and learning" (muoviti e impara), oltre alla cura maniacale del proprio look, la musica ed i loro indimenticabili scooter, agghindati come i tre-ruote di mille colori sgargianti, ricolmi di frutta, che da piccolo vedevo al mercato con mia madre ....
Sulla base dell'attrazione per lo stile italiano, prese piede l'utilizzo di scooter italiani (Vespe e Lambrette) come mezzo di trasporto;
Al movimento Mod la ns. fabbrica, che sfornava scooter vicino al fiume Lambro, deve molto del lancio altre confine dell'indimenticabile Lambretta, le cui quotazioni sono ancor oggi molto alte tra i Biker britannici.
Un po' meno la vespa, che però deve senz'altro ai Mod il suo eclettico utilizzo in città e nelle piccole escursioni in periferia, per la sua storica flessibile adattabilità ad essere guidata con i pantaloncini corti così come in giacca e cravatta ...
Per proteggere gli abiti sartoriali durante gli spostamenti in motorino ricorrevano poi al parka fish-tail , la loro divisa ufficiale, una grossa mantella impermeabile verde marcio che indossavano sopra gli abiti, spesso adornati con simboli come il target della R.A.F., mutuata dai i soldati americani nella guerra di Corea che l'indossavano nelle loro perlustrazioni e che poteva trovarsi per poche sterline nei mercatini dell'usato di quartiere (alcuni Parka usati di quegli anni, con tanto di patch e pin dell'epoca ancora attaccati, raggiungono quotazioni davvero interessanti per gli amatori e collezionisti).
I primi mod non usano riunirsi in gruppi, né seguono uno stile preciso ed uniformato, bensì ciascun individuo riflette un proprio stile puramente e profondamente personale, pur mantenendo un look comune caratterizzato dal taglio dei capelli new french line e dalla ricerca esasperata degli abiti sartoriali italiani, tipicamente composti da giacche strette a tre-quattro bottoni, e pantaloni stretti e affusolati (storicamente del modello Sta-Prest) che non terminavano mai a più di due cm. dalla scarpa.
Tra i negozi di abbigliamento cui i Mod si rifornivano, i punti di riferimento erano John Stephens in Beak Street , Cecil Gee e Lou Austin in Shaftesbury Avenue, Vince in Newburgh Street, His Clothes in Carnaby Street, ma anche Sam Arkus nel West End, Lou Rose nell'East End, e Bilgorri a Bishopsgate.
Anche la musica sarà sempre un dato caratterizzante del movimento Mod.
Con il passare dagli anni '60, l'ascolto della musica acquisisce una caratteristica imprescindibile di tutto il movimento, spostandosi dal mod-jazz sempre di più verso la musica afroamericana come il Soul ed il Rhythm and Blues (l'R&B),od a suoni giamaicani come lo Ska, portato in Inghilterra dai crescenti flussi migratori di quegl'anni, che presto verrà riconosciuto prenderà il nome di Bluebeat, ed infine alla musica beat ed al fenomeno British Invasion, della quale hanno fatto parte primi tra tutti The Beatles, gli Who, gli Small Faces, i Kinks, Spencer Davis Group, gli Action, The Yardbirds, gli Artwoods e i Creation.
Come accennavo nella storia dei Rocker, memorabili sono le dispute - spesso sfociate in scontri violenti - tra questi ed i Mod.
Storicamente si ricordano le cronache di due fatti assai cruenti.
Il primo e più importante conflitto fra Mod e Rocker avvenne nel 1964 a Clacton, nel periodo pasquale.
Altri scontri avvennero durante particolari giorni festivi in alcune località balneari dell'Inghilterra meridionale tra cui Brighton (tra il 18 e 19 maggio 1964), dove si registrò il secondo epico scontro, quando migliaia di Mod si trovarono a fronteggiare altrettanti Rocker.
A Brighton, alcuni Mod aggredirono i Rocker durante un loro concerto, le risse durarono due giorni consecutivi e si spostarono fino ad Hastings (da qui il nome di "seconda battaglia di Hastings" dato all'evento dai giornali)
Come mai tanta rivalità ?
Il conflitto risiedeva i realtà nell'inconciliabile scontro culturale di una generazione di giovani alla ricerca di nuovi modelli della propria identità
i Rocker come abbiamo visto vestivano in pelle ed utilizzavano spille ed oggetti metallici, mentre al contrario i Mod erano soliti vestirsi elegantemente ed alla moda;
i Rocker portavano capelli impomatati e basette lunghe o baffi, mentre i Mod avevano un look più curato, da bravo ragazzo;
i Rocker utilizzavano motociclette, mentre i Mod erano accaniti guidatori di scooter;
i Rocker ascoltavano principalmente Rock & Roll cantato dagli artisti bianchi degli anni '50 e '60, come Elvis Presley, Gene Vincent e Eddie Cochran, mentre i Mod ascoltavano il jazz e rock britannico di gruppi come The Who, The Kinks, The Yardbirds e The Beatles pur avendo successivamente iniziato a focalizzarsi anche su altri generi come il soul e lo ska, principalmente opera di musicisti di colore.
Il risultato fu che i Rocker, dall'aspetto più mascolino, ritenevano i Mod dei tossicodipendenti effeminati e snob, mentre questi ultimi ritenevano i Rocker dei bulli ignoranti e cafoni, considerandoli dei ribelli senza uno scopo, ossia persone che si ritenevano diverse ma che in realtà dovevano la loro ribellione ad una sorta di "moda del momento".
Laddove le zone occupate da esponenti delle due subculture si sovrapponevano o erano di dubbia attribuzione (ad esempio le spiagge), era possibile quindi assistere a scontri frequenti fra le due fazioni, durante i quali venivano utilizzati coltelli a serramanico, mazze o ami da pesca cuciti nei risvolti delle giacche.
Comunque la pensiate, quelli scontri erano sinonimo di vitalità e di giovanile ed entusiastico fermento, cui oggi - in tanta opaca omologazione - non siamo piu abituati ....

Alla prossima storia...
Allegati
Il-Parka jpg.jpg
Il Parka
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Mods-col-Parka jpg.jpg
Mods con addosso il loro Parka
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I Mods
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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Leif » 14/05/2020, 10:32

beer beer beer

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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da ziomauri » 14/05/2020, 18:43

Fantastica anche la storia dei Mods!! :shock: :shock: :shock:

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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Pasquale63 » 15/05/2020, 17:48

Che bella storia. Certo che utilizzare coltelli, spranghe ecc. per affrontarsi sembrerebbe quasi scontato, ma cucire gli ami da pesca all'interno del risvolto delle giacche, non l'avevo mai sentito, veramente astuti

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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Gianluigi » 15/05/2020, 17:50

Pasquale63 ha scritto:
15/05/2020, 17:48
Che bella storia. Certo che utilizzare coltelli, spranghe ecc. per affrontarsi sembrerebbe quasi scontato, ma cucire gli ami da pesca all'interno del risvolto della giacca, non l'avevo mai sentito, veramente astuti
pasquale e ti dirò di più gli ami da pesca fanno un gran male…..

Grazie Giovanni di questa nuovo racconto beer
Gli amici sono quelli che ti aiutano a rialzarti, quando le altre persone neanche sapevano che eri caduto.

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Re: Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Gianluigi » 15/05/2020, 17:50

Gianluigi ha scritto:
15/05/2020, 17:50
Pasquale63 ha scritto:
15/05/2020, 17:48
Che bella storia. Certo che utilizzare coltelli, spranghe ecc. per affrontarsi sembrerebbe quasi scontato, ma cucire gli ami da pesca all'interno del risvolto della giacca, non l'avevo mai sentito, veramente astuti
pasquale e ti dirò di più gli ami da pesca fanno un gran male…..

Grazie Giovanni di questo nuovo racconto beer
Gli amici sono quelli che ti aiutano a rialzarti, quando le altre persone neanche sapevano che eri caduto.

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Universo Biker ; storie e leggende

Messaggio da Giovanni » 17/05/2020, 16:11

Miei cari,
oggi torniamo ad occuparci di storie e leggende di moto, racciontando la storia del famoso telaio Softail dell'Harley- Davidson che tanta fortuna ha portato alla casa di Milwaukee che , come leggeremo, è stata sul punto di perderne l'esclusiva in faviore dei Giapponesi che in quegl'anni si affacciavano prepotentemente sul mercato ...
Il termine Softail (lett. “coda soffice”, denominazione ufficiale HD: "FXST", dove FX sta per pedane leggere a trespolo e ST per softail) individua un’intera gamma di modelli prodotti dalla Harley-Davidson a partire dal 1984, contemporaneamente al lancio della fondamentale famiglia di propulsori Harley-Davidson Evolution (che presero il posto del piu famoso Shovelhead di cui oggi si assiste ad un gran ritorno di fiamma), l'ultimo grande motore HD secondo molti - ed io sono tra questi - caratterizzato già di serie dal famoso suono po-ta-to, po-ta-to, segno distintivo della casa madre che ancor oggi fa impazzire tanti appassionati ...
La Softail è caratterizzata dalle particolari architetture delle sospensioni, con gli ammortizzatori "nascosti", posti cioè orizzontalmente, sotto la trasmissione lungo l’asse longitudinale, che lavoravano al al contrario rispetto ai normali ammortizzatori a vista (in trazione e non a riposo durante la marcia).
Questo tipo di telaio fu brevettato da un giovane competente ed appassionato Harleysta, l’Ing. Bill Davis del Missouri.
La storia racconta che la nascita del Softail ha subito numerose e lunghe traversie per la produzione del primo modello.
L’ing. Bill Davis viveva nel Missouri ed aveva acquistato nel 1972 - come tanti - una Super Glide, un modello del tipo Dyna, molto in voga in quegli anni
Non particolarmente attratto della sella cosi alta da terra e dalle due sospensioni tradizionali cosi in vista, due anni dopo, nel'74, decise di progettare in proprio (la customizzazione al popolo Harleysta sta come il cacio sui maccheroni ...).
La soluzione fu trovata con un espediente tecnico assai semplice : la progettazione di un forcellone posteriore a forma triangolare cui furono aggiunti due ammortizzatori non a più a vista, sotto la sella, tra la batteria e il serbatoio dell’olio, che però dovette essere cambiato, non più a ferro di cavallo ma laterale.
Soddisfatto del progetto, Inizia a produrre i primi telai, installandone uno anche sulla sua FX1200 (questo il nome tecnico del modello Super Glide, v. foto).
Non contento, si reca a Milwaukee per incontrare Louie Netz e Willie G. Davidson (quest'ultimo nipote del cofondatore Arthur Davidson ed attualmente ancora alla guida del reparto Design dell'azienda) per proporgli l'affare.
I due, sebbene molto attratti ed interessati all’innovazione del nuovo telaio progettato dal giovane ing. Davis, restarono riluttanti e solo sei mesi dopo avviarono una prima trattativa per l’acquisto del brevetto che tuttavia non si perfezionò più, non essendo riusciti a raggiungere alcun accordo soddisfacente.
L’ing. Bill Davis, per niente scoraggiato, tornò allora in Missouri e si rimise al lavoro, adottando nuove migliorie al suo telaio, spostando l’installazione degli ammortizzatori sotto al cambio, così da facilitarne l’accesso al vano batteria (pare infatti che una delle critiche mossegli fosse proprio quella della poca praticità dell'idea, oltre all'abbandono del serbatoio dell'olio a ferro di cavallo, che rappresentava ormai un segno distintivo a cui la casa americana non intendeva rinunciare.
La difficoltà principale nella fase di progettazione - anche questa oggetto di dubbi e perplessità - era anche la produzione di ammortizzatori che funzionassero al contrario di quelli normali, in estensione cioè e non in compressione.
Dopo diversi test, il telaio dimostrò tuttavia tutta la sua efficacia, e viene messo in commercio, denominato ufficialmente ” Sub Shock” (v. foto).
Il tanto sospirato progetto fu quindi messo in produzione e venne offerto sul mercato dalla società Road Worx, di proprietà dell’Ing. Davis.
Lo stesso pubblicizzò il telaio sulla rivista “Easyriders” (la sacra bibbia del Kustom ancor oggi ) montato su una FXWG Wide Glide con parafango posteriore di una Fat Bob, supporti curvi e serbatoio dell’olio nella classica forma brevettata dall'HD a ferro di cavallo (alla fine c'era riuscito !)
L’azienda ricevette numerosi ordini, al punto da non riuscire a far fronte alla tante commesse e purtroppo, non avendo coperture finanziarie adeguate, Davis si trovò costretto a metter in vendita il brevetto con tutta la produzione dopo pochi anni.
I Giapponesi dell'Honda - che in quel tempo si stavano imponendo anche sul mercato americano dopo aver fatto manbassa dell'Europa - avviarono la prima trattativa, ma l’accordo - in extremis - si raggiunge invece con la Harley Davidson, il 6 gennaio del 1982.
Il primo modello di Softail venne presentato ufficialmente a Sturgis nel 1983 ed offerto nel mercato nel successivo 1984.
Molte e variopinte le storie che ho sentito da Customizzatori e cultori della materia sul colpo d'ali che ispirò l'HD a non farsi soffiare dall'Honda l'innovazione rivoluzionaria !
Molti concordano su due aspetti.
Da sempre Willie G. Davidson ha sempre osservato ed ascoltato da vicino il popolo Harleysta, sui desideri e sulle tendenze, ne sono prova, negli anni, i tanti modelli sfornati per "accontentare" i propri affezionati clienti (per es. la mia prima HD il softail Night Train fu concepita dal ns. mai dimenticato Ing. Talamo di Milano, primo rivenditore in Italia di HD negli anni '80, che la propose alla casa madre secondo il gusto Dark europeo del momento (il progetto italiano era del '97 ma fu commercializzato in Europa prima, e anche negli USA dopo, dal '98, senza cromature e col motore nero a polvere), oltre ad un così felice esordio sul mercato del nuovo telaio - con gl'ammortizzatori nascosti - che non poteva passare certo inosservato.
Altro aspetto fu poi quello della concorrenza, che spesso induce la case produttrici a prendere l'esclusiva delle innovazioni tecniche anche (e solo) per non lasciarle agli altri.
La denominazione Softail - di creazione tutta Harleysta - fu coniata dalla particolare architettura delle sospensioni orizzontali della ruota posteriore, nascoste sotto la trasmissione lungo l’asse longitudinale, che dava l’apparenza visiva di un vecchio telaio rigido (cosiddetto “hardtail”) elemento caratteristico dei modelli piu tradizionali dell'HD (per. es. il mio vecchio Panhead, del tutto privo di ammortizzatori) che ancora popolavano le strade americane durante gli anni ’60 e ’70, ma con la comodità di un telaio ammortizzato : una novità assoluta per la Casa di Milwaukee !!
I due ammortizzatori orizzontali tuttavia , per quanto regolabili, così come quelli laterali tipici della gamma Sportster e Dyna Glide, non offrivano certo le medesime prestazioni in tema di resistenza agli scossoni durante la guida (posso confermarvi che se non li avessi visti con i miei occhi incastrati sotto il mio Night Train, avrei giurato che non li avesse proprio ...), ma l'amore per la tradizione ha sopperito in questi anni alle tante lombosciatalgie dei Biker ....
Altra caratteristica peculiare del telaio Softail (ma anche di quelli Hardtail) era poi la presenza, sui due lati, dei triangoli di collegamento all’asse della ruota posteriore, ben presto imitata dalla concorrenza giapponese.
L’adattabilità del telaio Softail permetteva sin dall’inizio l’utilizzo di diversi tipi di forcelle all’anteriore (ivi inclusa la celebre Springer) nonché di pneumatici anteriori e posteriori con vari diametri e sezioni, da cui la tanta varietà di modelli HD denominati Softail.
La prima motorizzazione disponibile per le Softail , durata ben 14 anni (dal 1984 al 1998) fu il collaudato e robusto propulsore bicilindrico a V di 45°, raffreddato ad aria, denominato Evolution (EVOI per i puristi !) con una cilindrata di 1.338 cm³(il famoso 1340 !!).
Nei modelli Harley-Davidson l’appartenenza alla famiglia delle Softail è desumibile dalla presenza, all’interno della sigla identificativa del modello, delle lettere “ST” che si aggiungono a quelle che contraddistinguono il modello
Concludo questa storia con un saluto affettuoso al giovane (ormai forse non piu) ing. Davis che nonostante sia ufficialmente l'inventore del Softail e di quelle sospensioni nascoste, nessuno (se non gli appassionati) ricorda come colui che cambiò definitivamente il mondo delle Kustom, al punto che da alcuni anni ormai, tutti i modelli HD sono diventati Softail (e le quotazioni delle vecchie Dyna sono schizzate ...) a riprova della genialità e lungimiranza del progetto.
A lui dedico questa storia, ringraziandolo per i tanti Km passati in compagnia di quel telaio, che stava per finire al Sol Levante ....
Alla prossima storia.
Allegati
Il primo Softail dell'83 il Wide Glide.jpg
Il primo Softail dell'83 il Wide Glide.jpg (307.08 KiB) Visto 1701 volte
Il tentativo di Davis del '74 di nascondere gli ammortizzatori.jpg
Il tentativo di Davis del '74 di nascondere gli ammortizzatori.jpg (62.41 KiB) Visto 1701 volte
Inizia la produzione del nuovo telaio.jpg
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