GIOVANNI BENELLI, L'INGEGNERE “IN BICICLETTA” CHE REGALAVA SOGNI.
Inviato: 15/01/2018, 23:28
Giovanni Benelli, presidente della grande azienda pesarese e progettista di grande valore e fama mondiale.
L’ingegnere “in bicicletta” che regalava sogni, "Sor Gvan" si fermava ad augurare "buone feste" ai fan. Nel motociclismo dei decenni scorsi al timone delle grandi Case italiane c’erano i padroni fondatori, di fatto navigati capitani d’industria e carismatici personaggi dal potere totale o quasi, impegnati in prima persona anche nei rispettivi reparti corse.
Se l’automobilismo aveva persone come Enzo Ferrari, il motociclismo aveva le sue punte di diamante in uomini come Domenico Agusta, Carlo Guzzi, Giorgio Parodi, Giuseppe Gilera, Alfonso Morini, Giuseppe Boselli (Mondial), Giovanni Benelli. Una covata di ben sette fratelli.
Gente che ha segnato la storia del motociclismo andando ben oltre i suoi confini.
Un esempio? Giovanni Benelli, gran capo dell’azienda pesarese nata nel 1911 (che ebbe nel fratello Tonino Benelli, un mitico campione). L’emblema in Italia e nel mondo, un capitano d’industria fra i principali esponenti del Made in Italy, un ingegnere progettista di eccelso valore con intuizioni e realizzazioni che hanno lasciato il segno a livello internazionale.
"Sor Gvan” (così veniva chiamato dai suoi collaboratori e anche dalle maestranze) aveva il “bernoccolo” delle moto, ma in particolare nei propulsori (su tutti l’epopea del “bialbero”), in un arco di tempo di quasi mezzo secolo..... e non solo nel motociclismo, inventerà pure la Benelli auto. Il Signor Giovanni credeva nelle corse fin dagli anni ’20, con in pista il fratello Tonino con la mitica 175 da lui progettata e costruita negli opifici della grande azienda pesarese.
Decenni e decenni di moto da corsa diverse in tutte le cilindrate, e in tutte le categorie. Tutte le mono anteguerra. La 250 quattro cilindri compressore, provata durante gli anni della seconda guerra mondiale. Poi negli anni ‘50 i trionfi nelle gare gran fondo con il Leoncino 2 tempi. Le vittorie del TT del 1939 con Ted Mellors. Il mondiale 250 del 1950 vinto con Dario Ambrosini. Il grande ritorno in pista nei gran premi dal 1959 con la 250 monocilindrica bialbero con Silvio Grassetti. Quindi le quattro cilindri 250, 350 e 500 e l’avvio del progetto 250 otto cilindri con i piloti Grassetti, Dale, Duke, Minter, Spaggiari, Provini, Pasolini, Lazzarini, Villa, Parlotti, Read, Carruthers, Hailwood, Saarinen.
L’Ing. Giovanni Benelli, almeno due volte al giorno, al mattino appena suonata la sirena della fabbrica e spesso di notte oltre l’orario di lavoro normale, usciva dal suo ufficio di presidente ubicato all’interno della fabbrica, inforcava la sua bicicletta Bianchi nera vestito di tutto punto in doppio petto grigio con in capo l’inseparabile Borsalino, percorreva il lato alberato di Viale Mameli accanto alla pista, entrava nel grande cancello lato nord dirigendosi verso il reparto corse da cui usciva dopo una mezz’oretta ripercorrendo a ritroso il percorso.
Davanti a quel cancello c’era sempre (pioggia o sole, freddo o caldo) un piccolo gruppo di “incalliti fissati” oppure una folla, che attendeva la prova in pista delle moto da corsa con in sella il campione di turno.
Altro che Facebook! Lì, in quel gruppetto di gente che decine di volte l’anno diventava folla smisurata che bloccava la “nazionale” (compresi i camionisti che richiamati dal magnifico rombo delle “quattro cilindri” fermavano i loro mezzi per assistere al test) covava la passione anche in pieno inverno, alimentando le litigate e i sogni della tifoseria.
All’arrivo dell’Ing. Benelli sulla sua bici, tutti ci facevamo “piccoli” liberandogli il passaggio, Lui di solito non si fermava, tirava diritto con un cenno di capo, ma nelle giornate nebbiose e pre natalizie faceva un'eccezione al proprio tour mattutino, fermandosi in mezzo al gruppetto di aficionados e dando ad ognuno la mano dicendo affabilmente con un mezzo sorriso: “Stiamo lavorando alla nuova moto. Auguri di buone feste”.
Era quella la carica per tutti verso la nuova stagione che sarebbe iniziata tre mesi dopo; il 19 marzo, con la gara internazionale all’autodromo di Modena.
Grazie, Ingegnere, per averci regalato un sogno.
L’ingegnere “in bicicletta” che regalava sogni, "Sor Gvan" si fermava ad augurare "buone feste" ai fan. Nel motociclismo dei decenni scorsi al timone delle grandi Case italiane c’erano i padroni fondatori, di fatto navigati capitani d’industria e carismatici personaggi dal potere totale o quasi, impegnati in prima persona anche nei rispettivi reparti corse.
Se l’automobilismo aveva persone come Enzo Ferrari, il motociclismo aveva le sue punte di diamante in uomini come Domenico Agusta, Carlo Guzzi, Giorgio Parodi, Giuseppe Gilera, Alfonso Morini, Giuseppe Boselli (Mondial), Giovanni Benelli. Una covata di ben sette fratelli.
Gente che ha segnato la storia del motociclismo andando ben oltre i suoi confini.
Un esempio? Giovanni Benelli, gran capo dell’azienda pesarese nata nel 1911 (che ebbe nel fratello Tonino Benelli, un mitico campione). L’emblema in Italia e nel mondo, un capitano d’industria fra i principali esponenti del Made in Italy, un ingegnere progettista di eccelso valore con intuizioni e realizzazioni che hanno lasciato il segno a livello internazionale.
"Sor Gvan” (così veniva chiamato dai suoi collaboratori e anche dalle maestranze) aveva il “bernoccolo” delle moto, ma in particolare nei propulsori (su tutti l’epopea del “bialbero”), in un arco di tempo di quasi mezzo secolo..... e non solo nel motociclismo, inventerà pure la Benelli auto. Il Signor Giovanni credeva nelle corse fin dagli anni ’20, con in pista il fratello Tonino con la mitica 175 da lui progettata e costruita negli opifici della grande azienda pesarese.
Decenni e decenni di moto da corsa diverse in tutte le cilindrate, e in tutte le categorie. Tutte le mono anteguerra. La 250 quattro cilindri compressore, provata durante gli anni della seconda guerra mondiale. Poi negli anni ‘50 i trionfi nelle gare gran fondo con il Leoncino 2 tempi. Le vittorie del TT del 1939 con Ted Mellors. Il mondiale 250 del 1950 vinto con Dario Ambrosini. Il grande ritorno in pista nei gran premi dal 1959 con la 250 monocilindrica bialbero con Silvio Grassetti. Quindi le quattro cilindri 250, 350 e 500 e l’avvio del progetto 250 otto cilindri con i piloti Grassetti, Dale, Duke, Minter, Spaggiari, Provini, Pasolini, Lazzarini, Villa, Parlotti, Read, Carruthers, Hailwood, Saarinen.
L’Ing. Giovanni Benelli, almeno due volte al giorno, al mattino appena suonata la sirena della fabbrica e spesso di notte oltre l’orario di lavoro normale, usciva dal suo ufficio di presidente ubicato all’interno della fabbrica, inforcava la sua bicicletta Bianchi nera vestito di tutto punto in doppio petto grigio con in capo l’inseparabile Borsalino, percorreva il lato alberato di Viale Mameli accanto alla pista, entrava nel grande cancello lato nord dirigendosi verso il reparto corse da cui usciva dopo una mezz’oretta ripercorrendo a ritroso il percorso.
Davanti a quel cancello c’era sempre (pioggia o sole, freddo o caldo) un piccolo gruppo di “incalliti fissati” oppure una folla, che attendeva la prova in pista delle moto da corsa con in sella il campione di turno.
Altro che Facebook! Lì, in quel gruppetto di gente che decine di volte l’anno diventava folla smisurata che bloccava la “nazionale” (compresi i camionisti che richiamati dal magnifico rombo delle “quattro cilindri” fermavano i loro mezzi per assistere al test) covava la passione anche in pieno inverno, alimentando le litigate e i sogni della tifoseria.
All’arrivo dell’Ing. Benelli sulla sua bici, tutti ci facevamo “piccoli” liberandogli il passaggio, Lui di solito non si fermava, tirava diritto con un cenno di capo, ma nelle giornate nebbiose e pre natalizie faceva un'eccezione al proprio tour mattutino, fermandosi in mezzo al gruppetto di aficionados e dando ad ognuno la mano dicendo affabilmente con un mezzo sorriso: “Stiamo lavorando alla nuova moto. Auguri di buone feste”.
Era quella la carica per tutti verso la nuova stagione che sarebbe iniziata tre mesi dopo; il 19 marzo, con la gara internazionale all’autodromo di Modena.
Grazie, Ingegnere, per averci regalato un sogno.