LIGABUE - QUEL PILOTA PITTORE
Inviato: 03/03/2020, 17:17
Poco tempo fa la scomparsa di Flavio Bucci, nel 1977 aveva interpretato Ligabue in una serie televisiva trasmessa dalla Rai.
Recentememte Elio Germano ha vinto l’Orso d’Argento al Festival di Berlino nel film “Volevo Nascondermi”, dedicando il successo “a tutti gli storti, a tutti gli emarginati, a tutti i fuori casta”.
Ma cosa c’entrano Flavio Bucci e Elio Germano con le motociclette? C’entra perché ha interpretato e raccontato il personaggio di Antonio Ligabue: il pilota pittore.
Se ormai, la vita e le opere del più grande artista naif italiano sono note e hanno restituito dopo la morte la dignità a un uomo che è riuscito a stento a sopravvivere, anche dopo la notorietà, non è sufficientemente nota la più grande passione di Antonio Ligabue: la motocicletta.
Un amore viscerale, un mezzo di libertà che ha in qualche modo stimolato l'opera artistica del pittore, poiché, come raccontano testi e studiosi, molto spesso Ligabue dipingeva per poter ripagare i meccanici che sistemavano la sua moto, anzi, le sue moto, visto che Ligabue ha posseduto almeno sedici Moto Guzzi.
In un saggio sul pittore, Edmondo Borselli racconta: “Quando era disperato e senza una donna saliva sulla sua moto e sfidava la nebbia dei viottoli di campagna, perché la testata scoppiettante e calda della Guzzi era l'unica consolazione contro il gelo dell'inverno e l'ostilità imperscrutabile del mondo”
La moto, quindi, come soffio di vita in una esistenza difficile, da emarginato, che faceva i conti con pochi affetti e una creatività fatta di sensibilità e tristezze, tant'è che le motociclette sono divenute immancabili negli autoritratti e nelle fotografie successive alla fama, come a confidare che quell'uomo non sarebbe stato quell'artista che è stato, senza l’impulso della necessità di salire in sella alla propria moto. Guzzi sempre e dappertutto.
I soldi ricavati dai primi quadri dell'artista diventano il mezzo per comprare la prima Guzzi, e quella Guzzi diventa poi il mezzo per andare a vendere le altre opere nelle terre di Gualtieri, in un vortice di creatività ispirata dal bisogno di stringere un manubrio prima ancora che il pennello.
Un Motociclista, insomma, non di quelli che si è soliti raccontare, ma di quelli che vincono pur stando tra gli ultimi.
Un pilota pittore che sembra aver stregato gli stessi attori che lo hanno interpretato e raccontato.
Recentememte Elio Germano ha vinto l’Orso d’Argento al Festival di Berlino nel film “Volevo Nascondermi”, dedicando il successo “a tutti gli storti, a tutti gli emarginati, a tutti i fuori casta”.
Ma cosa c’entrano Flavio Bucci e Elio Germano con le motociclette? C’entra perché ha interpretato e raccontato il personaggio di Antonio Ligabue: il pilota pittore.
Se ormai, la vita e le opere del più grande artista naif italiano sono note e hanno restituito dopo la morte la dignità a un uomo che è riuscito a stento a sopravvivere, anche dopo la notorietà, non è sufficientemente nota la più grande passione di Antonio Ligabue: la motocicletta.
Un amore viscerale, un mezzo di libertà che ha in qualche modo stimolato l'opera artistica del pittore, poiché, come raccontano testi e studiosi, molto spesso Ligabue dipingeva per poter ripagare i meccanici che sistemavano la sua moto, anzi, le sue moto, visto che Ligabue ha posseduto almeno sedici Moto Guzzi.
In un saggio sul pittore, Edmondo Borselli racconta: “Quando era disperato e senza una donna saliva sulla sua moto e sfidava la nebbia dei viottoli di campagna, perché la testata scoppiettante e calda della Guzzi era l'unica consolazione contro il gelo dell'inverno e l'ostilità imperscrutabile del mondo”
La moto, quindi, come soffio di vita in una esistenza difficile, da emarginato, che faceva i conti con pochi affetti e una creatività fatta di sensibilità e tristezze, tant'è che le motociclette sono divenute immancabili negli autoritratti e nelle fotografie successive alla fama, come a confidare che quell'uomo non sarebbe stato quell'artista che è stato, senza l’impulso della necessità di salire in sella alla propria moto. Guzzi sempre e dappertutto.
I soldi ricavati dai primi quadri dell'artista diventano il mezzo per comprare la prima Guzzi, e quella Guzzi diventa poi il mezzo per andare a vendere le altre opere nelle terre di Gualtieri, in un vortice di creatività ispirata dal bisogno di stringere un manubrio prima ancora che il pennello.
Un Motociclista, insomma, non di quelli che si è soliti raccontare, ma di quelli che vincono pur stando tra gli ultimi.
Un pilota pittore che sembra aver stregato gli stessi attori che lo hanno interpretato e raccontato.