Micromotori Italiani

Sezione dedicata al mondo dei motori
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Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:00

Una bicicletta piu' un motore ...
questo è stato il primo passo verso la motorizzazione di massa del secondo dopoguerra.

Dopo cinque anni di guerra, le condizioni economiche nell’Italia del 1945 e gli elevati prezzi dei pochi mezzi disponibili condizionano fortemente il possibile inizio
di una motorizzazione popolare. Infatti, accanto alle discrete disponibilità economiche di una ridotta parte della borghesia, sufficienti per pensare ad autovetture
di piccola o media cilindrata, od a motociclette di media e grossa cilindrata, presto rimesse in produzione dalle ditte che le avevano prodotte
fino al 1940, i prezzi di questi mezzi sono proibitivi per la maggior parte degli italiani e per dare inizio ad una vera motorizzazione popolare
occorre intraprendere nuove vie.La prima di queste nuove vie a prendere corpo è quella della produzione di micromotori da montare sulle biciclette,
una produzione che, come vedremo, affianca pochi modelli di ditte già presenti nel settore motociclistico a molti modelli nuovi di costruzione artigianale.
Abbastanza presto, però, ci si accorge che l’aumento della velocità rispetto a quelle possibili con le biciclette, oltre agli irrobustimenti dei telai,
richiede la presenza di sospensioni e di freni, almeno per quanto riguarda la ruota anteriore, ed anche in questo caso sono iniziative di carattere
artigianale a precedere la costruzione di veri e propri ciclomotori dotati di sospensioni e freni da parte di ditte già affermate in campo
motociclistico o da complessi industriali dediti in origine ad altri tipi di produzioni come è accaduto il Francia per il Velosolex o in Italia per il Motom.
Alpino ,Mosquito, Cuccilo sono i nomi piu' diffusi in Italia ma molti altri marchi si sono cimentati nel campo micromotori .

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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:01

Ricordo qui i meno fortunati

Minimotor.
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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:01

Pellegrino
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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:02

Pony
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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:02

Rapid
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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:03

E poi i piu' noti , quelli che i piu' anziani tra noi han fatto in tempo a vedere circolare o forse anche ad usare .... :D :D :D

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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:06

Garelli "Mosquito"

Il Mosquito Garelli è un propulsore ausiliario per biciclette prodotto dalla casa motociclistica milanese Garelli dal 1946 al 1960.
Costruito in circa 2 milioni di esemplari, è stato il più diffuso, di questo tipo, in Europa.
Nel settembre del 1945 il prototipo fu applicato a una bicicletta di tipo turistico e fu collaudato severamente dallo stesso progettista,
su lunghe distanze; le stesse che aveva percorso dieci anni prima in bicicletta, carico di attrezzi. In due mesi percorse oltre 15.000 km,
apportando tra un viaggio e l’altro una miriade di piccole modifiche e tarature diverse.
“Affrancarsi dalla schiavitù dei pedali” recitava il primo slogan pubblicitario del “Mosquito”.

Il Mosquito si distingueva dagli altri motori ausiliari per la sua compattezza che ne rendeva facile l’installazione nella parte inferiore del ciclo,
senza andare ad interferire con la posizione dei pedali.
Il 38-B del 1953 era un’evoluzione del primo che, pur mantenendo la stessa sigla, aveva la cilindrata aumentata a 48 cm³.
Il “Centrimatic” che decretò il successo definitivo del Mosquito venne presentato nel 1955 e aveva una modifica fondamentale:
l’adozione di una trasmissione automatica brevettata che semplificava ulteriormente i comandi e riusciva a far raggiungere alla bicicletta modificata i 45km/h
a pieno carico.
Il Mosquito era un mezzo prettamente utilitario e alla portata di quasi tutte le tasche che veniva venduto in scatola di montaggio. Si trattava soltanto di fissare
il motore con un morsetto e due galletti sotto i pedali, con l’unica seccatura di dover rinunciare al portapacchi della propria bici per poter ospitare al suo posto
il serbatoio del carburante. Un rullo si appoggiava quindi allo pneumatico della bicicletta per trasmettere il moto. Dal punto di vista tecnico, il motore è un classico due
tempi.
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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:07

Alpino P 48 e S 48

L’Alpino, prodotto dalla Motobici di Stradella, brevettato
nel 1944, è montato a lato della ruota posteriore.
Viene prodotto in due versioni: la prima, contraddistinta
dalla sigla P è monomarcia con una coppia
di riduzione ad ingranaggi e una trasmissione finale
a catena con parastrappi sulla corona. La seconda,
contraddistinta dalla sigla S e prodotta dal 1945 ha un
cambio in blocco a due velocità (del tipo con innesto
ad espansione di sfere senza frizione) ed una corta
catena uguale a quella del tipo monomarcia con un
efficiente parastrappi sulla corona.
Dal punto di vista tecnico, il motore è un classico due
tempi.
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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:10

Bianchi “Aquilotto”

Durante il regime fascista la fabbrica fondata da Edoardo Bianchi raggiunge il suo massimo splendore, chiamata a rispondere a molte commesse statali.
Gli stabilimenti sono però pesantemente colpiti dai bombardamenti (come d’altronde quelli della Ducati) e ricominciare è difficile. Tuttavia al Marchio
viene ancora associata un’immagine di affidabilità e qualità e i nuovi prodotti per la rinascita cercano di sfruttare anche questo importante fattore.

Tra questi c’è un velomotore, ovvero una bicicletta studiata per ospitare un micromotore di 45 cm³ , completo e funzionale che viene battezzato Aquilotto
e che si pone a metà strada tra il motore ausiliario e il ciclomotore. Mantiene infatti “le caratteristiche essenziali di una normale bicicletta con
l’aggiunta di un motore che elimina la fatica muscolare del guidatore”, come illustra il copioso materiale pubblicitario dell’epoca.

L’Aquilotto è di costruzione semplice e di aspetto elegante e si pone come antagonista raffinato del francese Velosolex. Il suo prezzo è
decisamente superiore a quello di un semplice motore ausiliario, ma offre un prodotto già completo e non occorre dunque possedere una bicicletta.
I consumi sono analoghi a quelli degli altri due tempi del periodo, con un litro di miscela al 5% sufficiente a percorrere oltre 80 km.

Disponibile in vari allestimenti (normale, sport e gran lusso) viene venduto a circa 70.000 lire.
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Re: Micromotori Italiani

Messaggio da ziomauri » 12/01/2020, 9:12

Siata - Ducati "Cucciolo"

Aldo Farinelli (un progettista) sviluppò un prototipo di motore ausiliario da montare su una bicicletta: il Cucciolo.
Il progetto di Farinelli presentava numerosi vantaggi rispetto alla concorrenza, in particolare il ciclo a quattro tempi e il cambio a due marce che sfruttava appieno
la potenza del motore.

Il Cucciolo T1 viene prodotto a partire dal 1945 dalla SIATA di Torino, e successivamente ceduto alla Ducati che lo ha attrezzato
per una produzione in grande serie.

La Ducati mise poi sul mercato una versione sportiva del T2 in grado di erogare 2CV di potenza e di raggiungere una velocità di punta di 60km/h.
Nel 1948, sotto la guida di Giovanni Florio, entrò in produzione il primo motore progettato interamente dalla Ducati, il T3.
Raccogliendo l'eredità naturale del primo Cucciolo, il T3 era dotato di un cambio a tre marce e di una valvola lubrificata a grasso racchiusa in un carter.

Nel '50 uscì la versione sportiva del 60, con una cilindrata di 65cc, forcellone posteriore con sistema "monocross" e due coppie di ammortizzatori telescopici,
versione che segnò l'ingresso dell'azienda nel mondo delle competizioni. Degno di nota il ridottissimo consumo di carburante del Cucciolo: quasi cento chilometri
con un litro! Infine una curiosità, all’epoca il Ducati Cucciolo costava 48.000 lire, pari a 700 Euro odierni!
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